Adamello Ultra Trail è l’unica gara di Trail running al mondo che si svolge interamente su mulattiere e sentieri militari, teatro della Prima Guerra Mondiale. Lungo le storiche trincee percorse più di un secolo fa da giovani soldati, i concorrenti di Adamello Ultra Trail si cimentano in una sfida sportiva per superare i propri limiti e la propria resistenza. Il fascino di questo evento è anche quello di unire lo sport con la promozione del territorio e della sua storia.
I testi di presentazione dei luoghi di interesse storico lungo il percorso di Adamello Ultra Trail sono stati realizzati da Walter Belotti, Presidente del Museo Guerra Bianca di Temù.
La Bocchetta di Val Massa, depressione situata tra la Cima Bleis di Somalbosco e la dorsale sinistra della Cima Est del Monte Coleazzo, era il punto che i comandi militari, in osservanza alla strategia globale di possesso delle creste, avevano fortificato quale linea arretrata del sistema difensivo italiano, anche perché punto dominante sulla strada del Gavia. Da lì si dipartono, sulla sinistra, una serie di trinceramenti lunghi circa un chilometro, che rappresentano uno dei più begli esempi di architettura militare dell’intero territorio del fronte. A distanza di oltre cent’anni – furono infatti realizzati ancor prima dello scoppio della guerra – sono conservati in modo veramente impeccabile, anche perché durante la guerra non vennero mai interessati da eventi bellici e addirittura non vennero presidiate che da isolate sentinelle.
Il complesso difensivo è costituito da trincee e camminamenti realizzati fuori terra, con pietre scistose locali, dal tipico color ruggine, disposte a secco, cioè senza l’uso di leganti. Particolare cura è inoltre stata prestata nella collocazione di ogni pietra che presenta il lato a vista, nella maggior parte dei casi, perfettamente squadrato. Ciò si è potuto attuare grazie alle notevoli capacità degli esperti operai nello scegliere ogni pietra e nella giusta collocazione delle stesse con un perfetto concetto statico.
Percorrendo i quasi mille metri di sviluppo dello sbarramento protettivo, si possono ammirare, oltre al muraglione difensivo vero e proprio, costituito dal muro con le feritoie per i fucilieri, parecchi elementi architettonici particolari.
Le feritoie per il tiro dei fucilieri sono state realizzate con la strombatura classica, ovvero con una minuscola apertura verso l’esterno che si allarga all’interno della trincea, con andamento trapezoidale. Sempre della stessa forma, ma di dimensioni maggiori e strombatura contraria, è visibile una bella feritoia predisposta per il tiro con la mitragliatrice.
Cima Rovaia era servita da una mulattiera militare che, partendo dalla località Pil, in Val Grande, saliva con una serie di innumerevoli tornanti fino alla località Plazza Grande e proseguiva poi, lungo il crinale che divide la valletta di Tremonti dalla Val Grande, fino alla Cima Rovaia e alle falde della Cima Mattaciul.
A partire dalla Plazza Grande, tutto il crinale che porta in vetta alla Rovaia era stato approntato a difesa con la realizzazione di trincee, postazioni d’artiglieria, caverne e baraccamenti per la truppa.
Nella parte alta, attorno alla cima, sono inoltre presenti ventidue postazioni per fucilieri e per mitragliatrici, di forma circolare, in buone condizioni di conservazione, le cui caratteristiche architettoniche si rilevano in modo consistente solamente nella linea di sbarramento di Vezza d’Oglio.
Tutti i manufatti sono stati realizzati con murature a secco, utilizzando pietre scistose direttamente reperite sul posto, di color ruggine (i famosi micascisti di Cima Rovaia), di facile utilizzo per la loro capacità di sfaldarsi lungo la linea di scorrimento.
Il materiale di estrazione locale, di cui le dorsali montuose sono costituite, ha facilitato l’inserimento di questi manufatti nell’ambiente naturale circostante, con una perfetta integrazione dell’opera dell’uomo.
La sapiente collocazione delle pietre, il metodo di lavorazione delle stesse e la complessità dei motivi architettonici fanno ancora oggi onore a coloro che le realizzarono.
L’intervento di manutenzione da parte del Parco Nazionale dello Stelvio, di numerosi dei manufatti presenti, ha ulteriormente valorizzato la già pregevole struttura.
A quota 2.116, al termine della vegetazione arborea, in posizione dominante sulla sella del Tonale e alle pendici del Monte Tonale Orientale, fu edificato, tra il 1912 e il 1915, il Forte Saccarana o Forte Tonale.
Realizzato con l’uso massiccio di acciaio e calcestruzzo, rappresentava l’opera militare più moderna del sistema difensivo austriaco del Tonale essendo stato costruito secondo le più recenti innovazioni per quanto concerneva le fortificazioni militari. Era dotato di 6 cupole girevoli, ognuna della quali era armata con un obice da 10 cm, oltre a due cupole osservatorio e di numerose feritoie per mitragliatrici. Sul lato ovest, possibile direzione di penetrazione dell’avversario, era riparato da un fossato fortificato da un massiccio muro di protezione. Faceva parte dei cinque forti posizionati a valle del passo, disposti secondo lo schema “a tenaglia” sugli opposti versanti della Val di Sole. Più in basso erano infatti collocati il Forte Mero, il Forte Strino, il Forte Velon e di rimpetto il Forte Presanella o Pozzi Alti.
Il Rifugio Bozzi, collocato in Conca Montozzo, nasce come casermetta che la Regia Guardia di Finanza fa costruire nel 1910 per il controllo, nei mesi estivi, della Forcellina di Montozzo e del Passo dei Contrabbandieri. La Forcellina di Montozzo rappresentava infatti una via alternativa alla sella del Tonale sia per gli Italiani che per gli Austro-ungarici ed era luogo di transito fin dall’antichità di pastori, cacciatori e contrabbandieri.
Qualche mese prima dello scoppio della guerra, il battaglione Edolo presidiava già la zona con le compagnie 50ª e 52ª trasformando la casermetta della Finanza in sede del comando. In seguito si aggiunse la 245ª compagnia del battaglione Val d’Intelvi, costituendo in tal modo il “distaccamento Montozzo”. Gli uomini erano alloggiati in tende costruite sui terrazzamenti realizzati nella conca sottostante la casermetta comando; in seguito, durante l’estate del 1915, vennero iniziate e portate a termine numerose costruzioni in muratura per il ricovero della truppa, dei muli e i depositi di armi e munizioni.
Nel contempo vennero iniziati i lavori per la costruzione delle opere di difesa della prima linea, su tutte le creste circostanti, dall’Ercavallo al Montozzo, all’Albiolo, alla Cima Casaiole, al Monte Tonale Occidentale fino a Cima Le Sorti. Vennero scavate trincee coperte, gallerie per il ricovero delle truppe, caverne con sbocchi sulla Val Montozzo dove venivano via via piazzati i pezzi d’artiglieria capaci di colpire le posizioni austriache fronteggianti, poste sulle Cocchiole, sul Comiciolo, sul Redival e su tutta la cresta fino al Torrione d’Albiolo.
Anche il villaggio militare del “distaccamento Montozzo” venne dotato di apprestamenti difensivi, in particolare venne scavata una trincea che, partendo dal retro della baracca comando, saliva sul dosso erboso sottostante la Punta di Montozzo. Lo scavo, profondo più di due metri, venne arginato con muri a secco e con un andamento lineare che seguiva il profilo del dosso. Lungo tutto il tratto, rivolto verso la Forcellina di Montozzo, era stato realizzato nel muro di contenimento un gradino di circa 50 cm di altezza, che consentiva ai difensori di affacciarsi sul bordo della trincea per sparare, mentre altri militari potevano transitare lungo il camminamento restando protetti dal tiro dell’avversario.
Al fine di rendere meno gravi gli effetti di una eventuale esplosione all’interno della trincea, furono realizzati in seguito, sempre con murature a secco, speroni rompitratta antischegge e antishrapnell, di quasi due metri di spessore a distanza regolare di una decina di metri. Al termine di questa trincea, sul sovrastante dosso pianeggiante, vennero realizzate tre piazzole a cielo scoperto per contenere altrettanti pezzi d’artiglieria e direttamente collegate, tramite un apposito sentiero, alle baracche degli artiglieri poste al riparo di uno sperone roccioso.
Nelle piazzole erano posizionati mortai da 149 mm, particolarmente adatti nella guerra in montagna per il loro tiro molto arcuato, e furono collegate tra loro per mezzo di un camminamento completamente scavato nel terreno e blindato con travi di larice sopra le quali venne rimesso pietrame e terreno vegetale per un’altezza di circa 50 cm. che consentiva una perfetta mimetizzazione.
Solo le tre piazzole non vennero blindate ma dotate di grandi ante di legno che venivano tenute normalmente chiuse ed aperte durante l’utilizzo dei pezzi. Per il rifornimento di questo tratto di fronte venne ampliata l’esistente mulattiera che da Case di Viso saliva in Conca Montozzo e venne pure costruita una teleferica suddivisa in due tronconi.
Da qui altri tre tronchi di teleferiche rifornivano le posizioni di prima linea alla Cresta di Montozzo, sotto la Punta d’Albiolo e al Passo dei Contrabbandieri. Obici di grosso calibro da 210 e 280 mm furono inoltre piazzati in fondo alla Val di Viso e presso la Malga Forgnuncolo.
Terminati i lavori di fortificazione, furono trasformati alcuni sentieri in mulattiere come quella che dalla Conca Montozzo porta ai Laghi di Ercavallo e quella che, sempre dal Montozzo, porta al Dosso di Meda con diramazione a Cima Le Sorti e a Ponte di Legno, passando per la località Plassola.
Il Passo dei Contrabbandieri si colloca sullo spartiacque tra la Val di Viso e la sella del Tonale. Punto strategico che consentiva ai soldati italiani di accedervi dalla Conca Montozzo attraverso una comoda mulattiera militare senza essere sottoposti al tiro delle artiglierie austriache e di affacciarsi sul Passo del Tonale.
Da qui si irradiava il sentiero che, lungo le scoscese pareti della Punta d’Albiolo, raggiungeva la vetta omonima e la vicina Cima dell’Albiolino da una parte, mentre dall’altra, percorrendo un lungo sentiero d’arroccamento, raggiungeva prima la Cima delle Casaiole, poi il Monte Tonale Occidentale, la Cima Bleis e la Cima Le Sorti, costituendo la linea più avanzata dello schieramento difensivo italiano sul fronte del Tonale.
La struttura militare di questo tratto di fronte era tutta imperniata sugli accessi dalla Val di Viso, essendo impossibile, per ovvi motivi militari, raggiungere queste vette, tutte attorno ai 2600/2700 metri di quota, dalla sella del Tonale, essendo questa controllata e tenuta sotto tiro degli Austriaci attraverso le loro linee sul Tonale Orientale e sui Monticelli.
Per questo motivo erano state costruite, nel versante di Viso, strade, mulattiere e sentieri di arroccamento che dovevano consentire, con una certa facilità, il raggiungimento di tutte le posizioni più avanzate distribuite lungo la cresta. Un potente faro era stato collocato a quota 2815 sulla cresta che dal Passo dei Contrabbandieri sale alla Punta d’Albiolo per il controllo della sottostante Val d’Albiolo.
La lunga cresta che dal Torrione d’Albiolo degrada al Monte Tonale Orientale costituiva la linea di difesa austriaca più avanzata sul versante orografico sinistro della Val di Sole. Sulla vetta solo una diroccata postazione per mitragliatrice rimane a testimonianza della presenza dei soldati dell’imperatore. Dalla cima un lungo sentiero d’arroccamento metteva in comunicazione tutte le varie strutture difensive che erano state predisposte per fronteggiare le opposte linee italiane.
Questa linea avanzate veniva rifornita attraverso una strada militare che percorreva la Val di Strino e che, raggiunta la Malga Strino, si diramava a raggiera con mulattiere e sentieri verso le varie postazioni d’artiglieria e di lanciabombe disseminate lungo la cresta montuosa che dal Monte Tonale Orientale si sviluppa a semicerchio fino al Monte Redival e al Monte Mezzolo.
Al percorso principale della Val di Strino si collegavano, inoltre, i forti Saccarana e Mero serviti a loro volta da altre strade che li raggiungevano direttamente dalla sottostante strada del Passo del Tonale.
Al Corno d’Aola non è più visibile l’imponente sbarramento del Forte di Corno d’Aola, solo un grande muraglione, esterno al forte stesso, ne perpetua la memoria. Il forte era situato a quota 1.900, sul Dosso Prepazzone, ai piedi della cresta che s’innalza verso la cima del Corno dell’Aola. Faceva parte di un gruppo di 44 forti di tipo moderno che avrebbero dovuto essere ultimati entro l’anno 1913 lungo tutto il confine italo-asburgico.
Il fortilizio si collocava in posizione dominante sulla prospiciente sella del Tonale e quindi strategicamente importante per la difesa delle posizioni italiane avanzate del passo, dove era attestata la prima linea del nostro sistema difensivo. Il moderno Forte del Corno d’Aola, dotato di 6 cannoni da 149 A in cupola blindata, era l’unica difesa fortificata italiana che si contrapponeva ai 5 forti austriaci piazzati appena a valle del passo. L’obiettivo di fuoco principale di tale opera, era infatti il controllo della strada proveniente da Vermiglio e dei forti austriaci dell’Alta Val di Sole.
Con questa magnifica batteria si potevano colpire i forti austriaci della Val Vermiglio (il forte dei Pozzi Alti, chiamato anche forte Presanella – il forte Saccarana, chiamato anche forte Tonale – il forte Mero, il forte Strino e il Forte Velon) che, non essendo dotati di pezzi d’artiglieria con gittata pari a quelli del forte del Corno d’Aola, non erano in grado di reagire adeguatamente. Sulla destra del forte, verso sud, era stata realizzata una lunga galleria destinata ad ospitare il deposito munizioni; da qui i proietti e le cariche di lancio venivano trasportati ai pezzi mediante appositi carrelli su rotaia che percorrevano uno stretto corridoio lungo tutta la parte a monte del complesso fortificato.
Il fabbricato, disposto su tre terrazze, era costituito: a nord dalle cupole corazzate che ospitavano i pezzi, al centro la parte avanzata formava il corpo di guardia e a sud erano sistemati gli alloggiamenti.
Tutto all’intorno il forte era dotato di recinzione in ferro, collegata alla corrente elettrica, a protezione di eventuali attacchi di fanteria nemica e tinteggiato di color verde muschio per mimetizzarlo nell’ambiente circostante ed essere meno visibile in caso di incursioni aeree. Oltre al normale accesso attraverso la strada militare, era collegato con il fondovalle per mezzo di una teleferica, lunga circa 2 chilometri, che partiva dalla località Castelpoggio (dove oggi sorge il Castello di Poia). Verso la fine del mese di settembre del 1915 i cannoni vennero rimossi in quanto lo spionaggio aveva saputo di un possibile bombardamento da parte degli austriaci che avevano piazzato.
Le bocche da fuoco che armavano il forte furono sistemate sul retrostante Dosso delle Pertiche, organizzando una nuova batteria che sviluppò poi efficace attività. Nelle cannoniere rimaste vuote furono alloggiati tronchi di legno verniciati di nero, che, a distanza, davano l’illusione che il forte fosse sempre in efficienza. Terminata la guerra il forte fu abbandonato e solo nel 1927 si tornò ad utilizzarlo. Il Ministero della Difesa lo concesse in affitto al comm. Emilio Antonioli di Manerbio affinché fosse realizzata una colonia estiva per i dipendenti del lanificio Marzotto.
Sempre per volontà del comm. Antonioli, nel 1930, a monte del forte, fu edificata una piccola chiesetta con struttura quasi completamente in granito. Il 9 febbraio 1945, durante la ritirata delle proprie truppe, i tedeschi, nell’eventualità della costruzione di una linea difensiva al Passo del Tonale presso la Ridotta Garibaldina, per paura di lasciare in mano al nemico un caposaldo importante, provvidero alla completa distruzione del forte.
Anche la chiesetta era stata spogliata, minata e destinata all’abbattimento, ma venne risparmiata grazie ad un nobile gesto dell’ufficiale cattolico tedesco incaricato dell’operazione. Oggi, a distanza di oltre 90 anni dalla costruzione dell’unico forte italiano dell’Alta Valle Camonica, non restano che pochi ruderi del grande muraglione prospiciente il Tonale, testimoni pacifici delle grandi battaglie della Guerra Bianca.
La linea fortificata alla Piana dei Moréi-Cresta Salì faceva parte di quel complesso di linee arretrate che, dai monti sopra Ponte di Legno, si spingevano fin sopra le montagne di Edolo, per terminare nelle opere fortificate che bloccavano trasversalmente la valle nella piana alluvionale di Greano, in Comune di Sonico.
Le postazioni del Pornina e della Piana dei Morei erano inoltre collegate, sull’opposto versante, alle linee trincerate di Cima Rovaia, del Pianaccio e del Mortirolo, costituendo con esse lo “sbarramento del Mortirolo”.
Si trattava comunque di retrovie del fronte che, avendo scopo puramente difensivo, non furono mai interessate, come del resto gli altri sbarramenti arretrati, da alcun evento bellico. Le postazioni circolari per mitragliatrici e fucilieri, realizzate sulla Cresta Salì, ripropongono la stessa tipologia edificatoria di quelle costruite lungo la linea fortificata di Cima Rovaia.
Si tratta di manufatti militari la cui caratteristica si può riscontrare solamente in queste due località. Esiste comunque una differenza tra le postazioni di Cresta Salì e quelle di Cima Rovaia; le prime hanno le murature per buona parte fuoruscenti dal terreno, le seconde sono completamente interrate.
La loro struttura circolare non stona nell’ambiente in cui sono state inserite, anzi, si confonde perfettamente in esso creando un tutt’uno con la natura. Le postazioni circolari sono state realizzate in pietre scistose disposte a secco, cioè senza l’uso di leganti. La postazione di tiro è formata da una muratura ad arco di cerchio con altezza media fuori terra di 1 metro, diametro di 2 metri e spessore di 50 centimetri.
Le cinque postazioni sono state distribuite sapientemente lungo la linea di cresta, sfruttando particolari conformazioni del terreno, in posizione strategica; da esse infatti si dominava direttamente sulla strada che saliva al Passo del Tonale e sugli avamposti della prima linea del fronte.
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